Lo
                      specchio materno. Madri e figlie tra biografia e letteratura,
                      a cura di Anna Scacchi, Roma, Luca Sossella, 2005 
                       
                      La relazione tra madre e figlia, nodo della biografia delle
                  donne e centro tematico della letteratura femminile, è anche
                  il modello utopico cui si ispira molta critica femminista,
                  rifiutando la distanza da cui muove la tradizione patriarcale. 
                  Le autrici di questo volume esplorano la relazione tra madre
                  e figlia nei testi e nella vita di alcune scrittrici al centro
                  del canone femminista. 
                  Raccontano rapporti intensi e conflittuali, che si intrecciano
                  alla loro stessa storia di donne e critiche letterarie. 
                 (dalla quarta di copertina) 
                  
                Negli
                    anni Settanta Tillie Olsen (nata a Omaha, Nebraska, nel 1913) è stata tra
                  le prime voci del femminismo contemporaneo - e una delle più  incisive
                  - a mettere in guardia le femministe dal legare la propria
                  emancipazione all’uccisione simbolica della madre, un
                  atto di imitazione della ribellione maschile contro l'autorità paterna
                  che lascia le donne prive di origine. Le giovani femministe
                  bruciavano in piazza i simboli dell'oppressione sessuale delle
                  donne - gli indumenti costrittivi imposti ai loro corpi da
                  madri attente a conservarne il valore sociale, mantenendoli
                  integri e perciò  spendibili sul mercato del matrimonio
                  - e rivendicavano il diritto alla sessualità senza procreazione.
                  Quelle giovani donne, però, proprio come le loro madri
                  e nonne, proprio come i loro padri e molte delle donne del
                  passato che ispiravano la loro ribellione, non riuscivano a
                  immaginare una madre che fosse anche artista, o filosofa, o
                  scienziata. Anche per loro la maternità  era un annullamento
                  di sé che non lasciava spazio a desideri, passioni, ambizioni.
                  Solo che ciò che fino a quel momento sembrava il destino
                  naturale, perché biologico, e ineluttabile delle donne,
                  ora veniva denunciato come una trappola cui ci si doveva sottrarre.
                  […] 
                  Anche grazie a Olsen la teoria femminista comincia a utilizzare
                  il rapporto madre-figlia come paradigma e modello attraverso
                  cui pensare le relazioni tra donne, da quelle tra insegnante
                  e allieva a quelle tra le studiose di letteratura e le autrici
                  di cui si occupano […] Tra gli anni Settanta e gli anni
                  Ottanta le donne cominciano a guardare il rapporto madre-figlia
                  in modo più complesso e ad analizzare il contesto storico
                  e sociale della maternità. Il nemico viene individuato
                  più chiaramente: non sono le madri, neanche quelle che
                  hanno passato alle figlie l’odio di sé e la convinzione
                  dell’inferiorità femminile, ciò che va
                  combattuto ma l’ideologia patriarcale, di cui esse sono
                  vittime. La letteratura e la teoria cominciano a scrivere dello
                  sviluppo femminile anche con la voce delle madri, non soltanto
                  con quella delle figlie, come chiede Marianne Hirsch nel 1989
                  nel suo studio dedicato alla relazione madre-figlia in letteratura, The
                  Mother-Daughter Plot. […] La negazione
                  dell’autorità materna, ricorda Muraro, è funzionale
                  alla società patriarcale, che del non saper amare la
                  madre è  causa ma anche effetto. Percepire la propria
                  indipendenza simbolica come inevitabilmente fondata sul matricidio,
                  sulla separazione della figlia dalla madre, significa per le
                  donne allinearsi all’ordine simbolico del padre, che
                  per loro è in realtà un disordine che interdice
                  l’accesso alla produzione di un pensiero originale. “Sono
                  nata in una cultura in cui non s’insegna l’amore
                  della madre alle donne”, scrive Muraro in L’ordine
                  simbolico della madre. “Eppure è il sapere
                  più importante, senza il quale è difficile imparare
                  il resto ed essere originali in qualcosa ...”. 
                  Non si tratta soltanto di imparare a guardare al proprio passato
                  con altri occhi o di riscrivere la storia dei rapporti tra
                  donne in altri termini, ma di impegnarsi in un progetto politico,
                  mosso dal desiderio utopico di  “rimettere al mondo se
                  stesse” - come scrive Luce Irigaray - attraverso la fondazione
                  di un ordine simbolico alternativo a quello maschile. […] 
                  Neanche la fase del recupero è stata una compatta celebrazione
                  delle madri, perché  come ha scritto Adrianne Rich,
                  per quanto attraverso la ragione possiamo perdonare e comprendere,
                  dentro ognuna di noi c’è  un’orfana, una
                  bambina che è stata privata della madre, e dalla perdita
                  nasce il rimpianto ma anche la rabbia per l’abbandono.
                  […] 
                  Ciò che importa non è il contenuto della storia,
                  ma che la storia venga raccontata, intricata, conflittuale,
                  intensa di passioni come è. Che la relazione madre-figlia
                  non venga messa da parte come un momento da superare per conquistare
                  l’indipendenza, ma restituita al suo posto legittimo
                  di evento primario e strutturante della nostra identità.
                  […] Questo volume - un piccolo contributo all'imperativo
                  di narrare storie di madri e figlie -nasce da lì, da
                  quel momento di invidia e gratitudine. Le autrici dei saggi
                  qui raccolti sono critiche letterarie che hanno messo da parte
                  la pratica accademica della scrittura per privilegiare una
                  voce narrativa, che non offuscasse la ricchezza della storia
                  con il peso della riflessione teorica. Raccontano storie di
                  rapporti intensi e conflittuali, intrecciando la biografia
                  di alcune scrittrici importanti nel canone femminista con le
                  donne immaginarie di cui esse hanno scritto nelle loro opere. 
                  Ma alla “grande storia non scritta” delle donne,
                  in questi saggi, si guarda anche da altre prospettive: quella
                  del rapporto personale che lega la studiosa all’opera
                  o all’autrice di cui scrive; e, lente attraverso cui
                  inevitabilmente è filtrata la storia della propria lettura,
                  quella del suo rapporto con la madre. (da: Introduzione,
                  pp. 8-22) 
                Paola Bottalla insegna
                  lingua e letteratura inglese all’Università di
                  Padova e ha precedentemente insegnato per molti anni a Venezia
                  e Trieste. Si occupa in particolar modo di letteratura del
                  Rinascimento, dei rapporti tra letteratura popolare e colta,
                  di traduzione, cura e commento di poesia, di letteratura per
                  bambini (testi e illustrazioni), di letterature post-coloniali,
                  in particolare australiana, soprattutto al femminile. 
                Renata Morresi è  dottore
                  di ricerca in letterature comparate e poesia e cultrice di
                  lingue e letterature angloamericane all’Università di
                  Macerata. Si è occupata di Nancy Cunard su cui sta per
                  pubblicare una monografia critica. Con Marina Camboni è  co-curatrice
                  del volume Incontri transnazionali: modernità,
                  poesia, sperimentazione, polilinguismo (2005). Membro
                  della giuria del concorso Poesia in strada (Festival
                  Arti-strada, Colmurano, MC) e poeta ella stessa, è tra
                  gli autori vincitori del Nodo sottile 4 (Crocetti, 2004). 
                Charlotte Nekola insegna
                  letteratura inglese e americana alla William Paterson University
                  e si occupa in particolare di letteratura e cinema delle donne.
                  Con Paula Rabinowitz ha curato un’antologia di scrittrici
                  americane degli anni Trenta. Oltre a saggi su Ida Lupino, Maya
                  Deren, Margaret Fuller e New York, ha pubblicato un’autobiografia, Dream
                  House, e numerose poesie. 
                Donna Perry insegna
                  letteratura inglese e americana alla William Paterson University.
                  Ha pubblicato un volume di interviste a scrittrici americane
                  (1993) e co-curato un’antologia di saggi su femminismo,
                  sesso e potere (1996). Ha insegnato in Italia per alcuni mesi,
                  come Fulbright Visiting Professor, e sta scrivendo un volume
                  autobiografico sulla sua esperienza di adolescente cattolica
                  di origini irlandesi negli Stati Uniti degli anni Cinquanta. 
                Tatiana Petrovich Niegosh  è nata
                  a Roma nel 1966. Insegna lingue e letterature angloamericane
                  all’Università di Macerata. Per il progetto MIUR Reti
                  di donne: Soggetti, Luoghi, Nodi Europa-America 1890-1950 (2002-2004)
                  si è occupata dei rapporti tra suffragismo, femminismo
                  e modernità in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. 
                Paula Rabinowitz insegna
                  studi americani e women’s studies alla University
                  of Michigan e si occupa principalmente di studi culturali e
                  femminismo. Ha pubblicato numerosi articoli e volumi in cui
                  esplora le connessioni tra cinema, fotografia e letteratura
                  nella storia sociale americana del ventesimo secolo. Le sue
                  ricerche sono state finanziate da istituzioni prestigiose come
                  la Mellon e la Rockefeller Foundation ed è  stata Fulbright
                  Visiting Professor presso l’Università di Roma
                  Tre. 
                Stefania Sbarra è  nata
                  a Thiene nel 1969. Insegna letteratura tedesca all'Università  di
                  Ferrara. Si occupa di letteratura dell'età di Goethe
                  e contemporanea. Con Giuliano Baioni ha curato l'edizione bilingue
                  de I dolori del giovane Werther di Goethe (1998) e
                  il Guglielmo Tell di Schiller (2002). 
                Anna Scacchi insegna
                  lingua e letteratura angloamericana all'Università di
                  Padova e vive a Roma, dove è nata nel 1959. Si è occupata
                  del rapporto madre-figlia nelle scrittrici americane dell'Ottocento
                  e, in particolare, dell'etica del materno nella scrittura di
                  Charlotte Perkins Gilman. È autrice di un volume su
                  Benito Cereno di Herman Melville (2000) e ha co-curato una
                  raccolta di saggi sulla New York dei primi del Novecento (2004).  
                Laura Silvestri è  nata
                  a Tortona nel 1946 ed è vissuta a Padova fino a ventidue
                  anni. Ora vive a Roma e insegna letteratura spagnola all’Università  di
                  Udine. I suoi principali campi di interesse sono i racconti
                  di Borges, la narrativa di FéIix de Azua, il romanzo
                  poliziesco e la questione del gender. Ha una sorella,
                  un fratello, un nipote, una nipotina, due figli e una labrador
                  nera. (da: Biografie pp.259-60) 
                Dall’indice: Introduzione di
                  Anna Scacchi; A nuoto nella tela. Kate Chopin di Paula
                  Rabinowitz; La madre restia. Charlotte Perkins Gilman e
                  Katharine Chamberlin di Anna Scacchi; M/others: Nancy
                  Cunard, figlia dell’impero, e la paura dell’"Uomo
                  Nero” di Renata Morresi; Ida Lupino! Ida Lupino! di
                  Charlotte Nekola; Conversazioni oblique. Il rapporto madre-figlia
                  nella poesia di Judith Wright di Paola Bottalla; La
                  madre di carta. Cordelia Edvardson ed Elisabeth Langgässer di
                  Stefania Sbarra; Scrivere la vita di una figlia, Jamaica
                  Kincaid di Donna Perry; Amare la madre. Danielle Girard, Carmen
                  Martin Gaite di Laura Silvestri; L’amore molesto
                  di Amalia e Delia di Tatiana Petrovich Njegosh; Bibliografia;
                  Biografie. 
                Collegamenti 
                  http://www.lucasossellaeditore.it/ 
                    http://www.url.it/ 
                   
                
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