Anna
                  Achmatova, Amedeo Modigliani ed altri scritti, a cura
                  di Eridano Bazzarelli, Milano, SE, 2004  
                Questo
                    volume comprende alcuni degli scritti in prosa di Anna Achmatova
                    (1889-1966): scritti critici e di memoria. Ritroviamo qui
                    le stesse caratteristiche dello stile dell’Achmatova poetessa: limpidezza della
                  lingua, ricchezza della sostanza letteraria ed esistenziale,
                  intensa partecipazione emotiva filtrata attraverso il rigore
                  della parola. Le prose critiche costituiscono capitoli diversi,
                  interiormente legati, di un libro ideale, mai compiuto, dedicato
                  a Puškin, che fu veramente il grande maestro e il grande
                  ispiratore di Anna Achmatova. Di carattere memorialistico (ma
                  anche, in parte, critico) sono gli altri scritti, dedicati
                  a poeti come Blok e Mandel’štam, a poeti e traduttori
                  insigni come Lozinskij: tutti momenti fondamentali della cultura
                  russa, con una eccezione: Amedeo Modigliani. Forse non si tratta
                  di una vera e propria eccezione: anche Modigliani, se non altro
                  per il tenero e delicatissimo affetto che lo legò per
                  qualche tempo ad Anna e per il bellissimo ritratto che dipinse
                  di lei, ci pare abbia il diritto di far parte di una storia
                  ideale della cultura russa. In quel famoso ritratto, più che
                  Anna Achmatova si rispecchia il «mistero» di Anna
                  Achmatova: la straordinaria purezza della sua forma e la profonda
                  inquietudine della materia del suo poetare, l’aspirazione
                  a un’emozione rinascimentale e il presagio del tumulto
                  e delle angosce. E le rose che Anna gettò un giorno
                  lontano nel cortile parigino di Modigliani mandano sempre il
                  loro delicato profumo, anche attraverso le altre pagine del
                  libro. Nei suoi ricordi, con pochi tratti essenziali, brevi
                  illuminazioni, rievoca dunque gli amici poeti, risuscitando
                  immagini e sentimenti del passato e permettendo anche di capire
                  aspetti meno noti della personalità di quegli artisti
                  straordinari, a cui Anna era legata da profonda amicizia.  
                (dalla seconda di copertina) 
                  
                
                  
                  
                   
                  Nota biografica 
                1889 – 1906 
                Anna
                    Andreevna Gorenko, universalmente conosciuta con lo pseudonimo
                    di Anna Achmatova, nasce, terza di cinque figli, l’11 giugno 1889 a Bol’šoi
                  Fontan, un sobborgo di Odessa, da Andrej, ingegnere della flotta
                  navale, e da Inna Erazmovna, di nobile famiglia, che aveva
                  preso parte al movimento rivoluzionario nel gruppo populista «Narodnaja
                  Volja»  (La volontà del popolo). 
                  L’anno successivo il padre va in pensione, e la famiglia
                  si trasferisce nei dintorni di Pietroburgo: prima a Pavlovsk
                  e poi, sino al 1905, a Carskoe Selo, residenza estiva della
                  corte imperiale e sede di un liceo che ebbe tra i suoi allievi
                  anche A. S. Puškin. In uno dei numerosi frammenti autobiografici,
                  scrive: «Ho imparato a leggere sui Libri di lettura di
                  Tolstoj e a cinque anni, ascoltando la mia insegnante, ho incominciato
                  a parlare francese. Ho scritto la mia prima poesia quando avevo
                  undici anni». 
                  A dieci anni supera una grave malattia, probabilmente una forma
                  di vaiolo. Frequenta il ginnasio di Carskoe Selo, dove conosce
                  il già noto poeta Nikolaj Stepanovič Gumilëv,
                  che si innamora perdutamente di lei, sino a tentare il suicidio. 
                  Nel 1905 i genitori si separano e Anna si trasferisce, con
                  la madre e i fratelli, a Evpatorija, sul Mar Nero. Termina
                  gli studi ginnasiali a Kiev e si iscrive alla facoltà di
                  Giurisprudenza presso i Corsi femminili superiori, essendo
                  a quel tempo l’accesso all’università  vietato
                  alle donne. 
                1907-1913 
                Nel 1907
                    pubblica su  «Sirius»,
                  la rivista edita da N.S. Gumilëv a Parigi, dove egli si è trasferito
                  l’anno precedente, una poesia a firma A.G. 
                  Nel 1910 acconsente a sposare Gumilëv, che non ha mai
                  smesso di amarla. Dopo aver trascorso insieme alcune settimane
                  a Parigi, dove Anna conosce, tra gli altri, Amedeo Modigliani,
                  torna in Russia, a Pietroburgo. Lascia la facoltà di
                  Giurisprudenza e frequenta i corsi teorico-letterari, conoscendo
                  il poeta Innokentij Annenskij, che considererà uno dei
                  suoi maestri. 
                  Nel 1911 Gumilëv, con S. M. Gorodeckij, fonda la Ghilda
                  dei Poeti {Čech Poetov), da cui nascerà il movimento
                  acmeista, sorto come reazione all’imperante simbolismo,
                  che ha in Aleksandr Blok il suo più  alto rappresentante.
                  In un frammento autobiografico Anna scrive: «Nel 1910
                  fu proclamata la crisi del simbolismo, e i giovani poeti non
                  seguivano più questa tendenza. Gli uni scelsero il futurismo,
                  gli altri l’acmeismo. Io divenni acmeista». Faranno
                  parte del movimento anche Osip Mandel'štam e Michail
                  Kuzmin. 
                  Nella primavera di questo anno Anna Gorenko torna a Parigi
                  e la sua amicizia con Modigliani si approfondisce. Insieme
                  leggono i poeti francesi, soprattutto Baudelaire, insieme vagano
                  per le strade di Parigi e visitano il Louvre, e Modigliani
                  le dedica una serie di ritratti, di cui solo uno  è giunto
                  sino a noi. 
                  Tornata a Pietroburgo insieme al marito, l’Achmatova
                  partecipa ai mercoledi letterari in casa di Vjačeslav
                  Ivanovič Ivanov, filosofo, filologo e poeta, il  «pontefice
                  massimo» del simbolismo russo. In quell’attico,
                  la famosa Torre, i poeti recitano i loro versi, e lì  si
                  impone all’attenzione generale l’Achmatova. Due
                  sue poesie vengono pubblicate su riviste pietroburghesi, e
                  inoltre inizia la sua collaborazione ad «Apollon»,
                  rivista considerata l’organo non ufficiale degli acmeisti. 
                  Nel 1912 pubblica il suo primo volume di versi, Večer
                  (La sera), sostituendo il cognome paterno con quello della
                  nonna, Achmatova, principessa tatara. «Fu stampato in
                  trecento esemplari in tutto» scrive Anna. «La critica
                  lo accolse favorevolmente». Agli inizi di questo anno,
                  incinta, compie con il marito un viaggio in Italia (Genova,
                  Padova, Venezia, Bologna, Pisa, Firenze): «L’impressione
                  ricevuta dalla pittura e dall’architettura italiana fu
                  enorme:» scrive  «simile a un sogno che ricordi
                  tutta la vita». Il suo unico figlio, Lev Nikolaevič,
                  nasce il 1° ottobre 1912. 
                  Nel 1913 esce sulla rivista «Apollon», lo scritto
                  di Gumilëv Nasledie simvolizma i akmeizm (L’eredità del
                  simbolismo e l’acmeismo), una sorta di manifesto del
                  movimento. 
                1914 – 1920 
                Nel 1914
                    1’Achmatova
                  pubblica il suo secondo libro, Četki (Rosario). Allo scoppio
                  della guerra, dietro richiesta della stessa Achmatova e di
                  Mandel’štam, viene chiusa la Ghilda dei Poeti. 
                  Nel 1915 si ammala di tubercolosi ed entra in crisi il rapporto
                  con Gumilëv, che viene inviato al fronte. 
                  Dopo lo scoppio della Rivoluzione, esce, nel 1917, la sua terza
                  raccolta di poesie, Belaja staja (Stormo bianco).
                  La sua fama è all’apice. 
                  Nel 1918 viene ratificato il divorzio con Gumilëv, e il
                  figlio Lev viene allevato dalla nonna paterna a Slepnevo. Si
                  conclude così un’unione che era stata decisiva
                  nella formazione poetica della Achmatova, e, ancora molti anni
                  dopo la sua tragica fine, Gumilëv continuerà a
                  essere presente nella vita e nei versi della poetessa. In questo
                  stesso anno si unisce a Mosca in seconde nozze con V. K. Šilejko,
                  famoso assiriologo e poeta appartenuto alla Ghilda. Un gran
                  numero di aristocratici, di borghesi, di intellettuali lasciano
                  la Russia. 
                  Dei poeti appartenuti alla Ghilda solo Mandel’štam,
                  Zenkevič e l’Achmatova si rifiutano di lasciare
                  la patria. Si impiega come bibliotecaria presso l’Istituto
                  di Agronomia, e questo le permette di sopravvivere in quegli
                  anni terribili. 
                1921-1933 
                Nel 1921
                    Gumilëv viene
                  fucilato, con l’accusa di attività  controrivoluzionaria.
                  Il 7 agosto muore Aleksandr Blok. La poetessa pubblica Podorožnik (Piantaggine),
                  e l’anno successivo Anno Domini MCMXXI, che
                  include anche le liriche della pubblicazione precedente e in
                  cui compaiono spunti di poesia civile e religiosa. Anche per
                  questo viene attaccata dalla critica ufficiale e i suoi libri
                  vengono proibiti e non si ristampano. 
                  Nel 1925 si separa da  Šilejko e si lega, sino al 1938,
                  al critico e studioso di arte Nikolaj Punin, ma anche questa
                  sarà un’unione tormentata: tra l’altro sono
                  costretti a vivere, a causa della crisi degli alloggi, nello
                  stesso appartamento con la ex moglie e la figlia di Punin e
                  Lev, tornato a vivere dal 1928 con la madre. Forse anche a
                  causa di questa situazione, e più in generale del clima
                  che la Russia sta vivendo e che già lascia presagire
                  il terrore staliniano che di lì a poco si sarebbe scatenato,
                  la produzione poetica dell’Achmatova è scarsissima. 
                  Il 14 aprile 1930 Vladimir Majakovskij si suicida, e anche
                  questo appare come un presagio. In questi anni l’Achmatova
                  si dedica alla critica e alla traduzione; inizia i suoi studi
                  sull’architettura della vecchia Pietroburgo e su Puškin.
                  Rinnova inoltre l’antico sodalizio con Mandel’štam,
                  anche sulla base del comune amore per Dante e per la Divina
                  Commedia, che entrambi imparano a memoria in italiano. 
                1934 - 1940 
                Nel 1934
                    il Primo congresso dell’Unione degli scrittori sovietici dichiara il realismo
                  socialista come l’unica dottrina estetica del regime,
                  preparando così la repressione di tutto ciò che
                  era ad esso estraneo. Nel dicembre dello stesso anno l’assassinio
                  di Kirov offre a Stalin il pretesto di una prima ondata di
                  arresti di elementi giudicati sospetti, a cui seguiranno le
                  repressioni di massa. In campo artistico cadono vittime del
                  terrore, o vengono imprigionati, tra gli altri, Mandel’štam,
                  Babel’, Kljuev, Oleša, Mejerchol’d. E proprio
                  alla vigilia di questa carneficina l’Achmatova riprende
                  con intensità a scrivere versi, tra cui Voronez,
                  dedicata a Mandel’štam, che riflettono la situazione
                  tragica di quegli anni. Nel 1935 inizia a comporre Rekviem (Requiem),
                  ciclo di poesie ultimato nel 1940, e che per anni sarà  conservato
                  a mente dalla stessa Achmatova e da alcune amiche, tra cui
                  Nadežna Mandel’štam, nell’impossibilità di
                  pubblicarlo e nel timore che, se trascritto, potesse venir
                  scoperto da elementi del regime e quindi distrutto. 
                  Nel 1938 viene arrestato per la seconda volta Lev Gumilëv,
                  sospettato di ostilità  al regime (era già stato
                  imprigionato nel 1935 e rilasciato per mancanza di prove).
                  Per diciassette mesi, in attesa della sentenza, l’Achmatova
                  si reca quasi tutte le mattine al carcere Kresty (Croci) di
                  Leningrado. Presso le sue mura, confusa tra le altre donne
                  in interminabili file, consuma il calvario dell’attesa
                  per poter consegnare un pacco, o almeno per avere notizie.
                  Lev viene condannato a morte, pena poi commutata nella deportazione.
                  Nel maggio dello stesso anno viene nuovamente arrestato Mandel’štam
                  e deportato in un lager presso Vladivostok, dove muore. 
                  Agli inizi del 1940 appaiono sulle riviste «Zvezda» (La
                  stella) e «Leningrad»  alcuni versi dell’Achmatova.
                  A maggio viene pubblicata una sua raccolta di versi scelti,
                  con il titolo Iz šesti knig (Da sei libri).
                  In ottobre ha il primo attacco di cuore. 
                  Terminato Rekviem, inizia a comporre Poema bez
                  geroja (Poema senza eroe): lavorerà a quest’opera,
                  una delle sue più alte, per ventidue anni. 
                1941 – 1943 
                Il 22
                    giugno l’Unione
                  Sovietica è invasa dai nazisti. Lev Gumilëv, ancora
                  in carcere, si offre volontario ed è inviato al fronte.
                  Durante l’assedio di Leningrado l’Achmatova viene
                  evacuata e raggiunge Mosca; poi si trasferirà a Taškent,
                  nell’Uzbekistan. A Mosca incontra Marina Cvetaeva, tornata
                  in patria nel 1939 dopo un lungo esilio, che il 31 agosto si
                  suicida a Elabuga. 
                  Nel 1943 esce a Taškent la raccolta poetica Izbrannoe (Poesie
                  scelte). 
                  Nel maggio 1944 torna a Mosca. Dopo la fine della guerra, nell’atmosfera
                  euforica della vittoria, si stabilisce un clima di relativa
                  tolleranza, e liriche dell’Achmatova appaiono sulle riviste «Zvezda» e  «Leningrad».
                  Viene anche invitata a prender parte a una serata di poesia,
                  riportando un enorme successo. Nell’autunno del 1945
                  ha un fugace rapporto amoroso con Isaiah Berlin, primo segretario
                  dell’ambasciata inglese, che rivedrà nel gennaio
                  dell’anno seguente: il rapporto diviene noto e scatena
                  le ire della polizia politica. Di ritorno a Leningrado riesce
                  finalmente a sapere, dopo lunghi anni di assenza di notizie,
                  che il figlio è vivo. 
                1946 -1952 
                Nel 1946 esce a Mosca un nuovo libro di poesie: Stichotvorenija 1909-1945
                  (Versi 1909-1945). Nello stesso anno viene espulsa dall’Unione
                  degli scrittori, con l’accusa di estetismo e disimpegno
                  politico. Viene sottoposta a un vero e proprio processo, e
                  sono accusati, con lei, anche il prosatore Michail Zoščenko
                  e le riviste «Zvezda» e «Leningrad»,
                  per aver pubblicato suoi versi, «estranei allo spirito
                  del popolo sovietico». 
                  Il 30 settembre e il 6 novembre 1949 vengono nuovamente arrestati
                  Punin, che morirà in un lager, e Lev Gumilëv. 
                  Nel 1950 l’Achmatova, che teme di perdere definitivamente
                  il figlio, accetta, su consiglio di amici, di scrivere un ciclo
                  di quindici poesie dedicate a Stalin e alla sua politica, Slava
                  miru (Gloria alla pace), che la rivista  «Ogonëk» pubblica
                  ne1 195O. Con questo atto salva, verosimilmente, la vita al
                  figlio. 
                1953 - 1966 
                Nel 1953
                    muore Stalin, e negli anni successivi sue poesie ricominciano
                    ad apparire su riviste. Nel 1955 viene «riabilitata», nel clima di disgelo
                  dopo l’ascesa al potere di Kruščëv e
                  il XX congresso del PCUS. L‘anno successivo Lev Gumilëv
                  viene liberato. 
                  Nel 1958 escono, a cura di A. Surkov, due antologie di versi
                  achmatoviani, ma nella Grande storia della letteratura
                  Russo-Sovietica, edita in questi anni dall’Accademia
                  delle Scienze dell’Urss, il suo nome non appare. 
                  Nel 1962 trascrive su carta il testo di Requiem e
                  lo invia alla rivista «Novyj Mir», che non lo pubblica.
                  Uscirà l’anno successivo a Monaco di Baviera,
                  a cura dell’Associazione degli scrittori fuoriusciti,
                  e nell’Unione Sovietica soltanto nel 1987, sulle riviste « Oktjabr’»,
                  n. 3, e « Neva », n. 6. 
                  Nel gennaio 1964 la traduzione di quel ciclo di poesie, a cura
                  di Carlo Riccio, viene pubblicata sulla rivista «Tempo
                  Presente» (anno XI, n. 1). In dicembre, su interessamento
                  della Comunità europea degli scrittori, Anna Achmatova
                  riceve di persona (è il primo permesso di recarsi all’estero
                  che le viene concesso dopo la Rivoluzione) il premio Etna-Taormina
                  assegnatole. Come segno di riconoscenza per il nostro paese
                  tradurrà, con N. Najman, i Canti di Leopardi. 
                  Nel giugno 1965, in Inghilterra, riceve la laurea «honoris
                  causa»  dell’università di Oxford. In autunno,
                  esce a Leningrado una sua raccolta di versi con il titolo Beg
                  vremeni (La corsa del tempo), che contiene, oltre a una
                  scelta vastissima dai primi cinque libri, le liriche degli
                  ultimi anni e il ciclo Venec mertvym (Un serto ai
                  morti), in memoria degli amici scomparsi, vittime delle persecuzioni
                  e delle stragi staliniane. 
                  Ormai riconosciuta anche in patria, e dalle stesse istituzioni
                  culturali sovietiche, come uno dei massimi poeti russi del
                  secolo, muore il 5 marzo 1966 a Domodedovo, presso Mosca, per
                  un attacco cardiaco. 
                  
                Dall’indice: Amedeo
                    Modigliani; Mandel’ štam (Fogli d’album); Ricordo
                    di Aleksandr Blok; Sui versi di Nadežda
                    L’vova; «Slovo»  su Puškin; L’«Adolphe» di
                    Benjamin Constant nell’opera di Puškin; «Il
                    convitato di pietra»  di Puškin; Postfazione di
                    Eridano Bazzarelli; Nota biografica; Appendice iconografica 
                  
                Collegamenti 
                   http://annaachmatova.altervista.org/ 
                    http://www.larici.it/ 
                   
                   
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