Lalla
                  Romano, Diario di Grecia, Torino, Einaudi, 1974 
                 Questo
                    Diario - pubblicato in edizione ridotta nel ‘59 presso un editore di Padova
                  - è la relazione di un breve viaggio in Grecia compiuto
                  da Lalla Romano nel ‘57. Eugenio Montale definì allora
                  questo libro come «un’opera discreta, qualcosa
                  come una confessione privata. Nulla di turistico e di occasionale
                  offusca il nitore del piccolo volume. È l’esperienza
                  di chi, dopo aver sospettato che la Grecia fosse ormai “un
                  libro”, scopre che la Grecia è invece un modo
                  di vivere nell’eternità». 
                
                  
                  
                  Lalla Romano, nata a Demonte, presso Cuneo, vive a Milano*.
                  Tra i suoi libri, tutti pubblicati da Einaudi, ricordiamo Le
                  metamorfosi (1951) e i romanzi Maria (1955, Premio
                  Veillon), Tetto Murato (1957), L'uomo che parlava
                  solo (1961), La penombra che abbiamo attraversato (1964), Le
                  parole tra noi leggère (1969, Premio Strega) e L
                  'ospite (1973). 
                (dalla quarta di copertina) 
                * Muore
                  il 26 giugno del 2001 all'età di 95 anni.  
                  
                Stiamo
                      costeggiando Itaca, ci dirigiamo verso un porto. Le rive
                      sono vicine: aspre, montuose, carsiche. Poco sopra l’orlo del mare corre
                    un sentiero che sembra però naturale, non tracciato
                    dall’uomo. Silenzio e deserto. Luce pomeridiana, un
                    poco più calda ma non meno chiara della mattinale.
                    La terra che traspare tra la pietraia bianca, è rossa.
                    Lo strano sentiero non è mai stato calpestato, o chissà?
                    Come certe cengie di pietra sulle pareti delle nostre montagne.
                    Uguali a quelli delle montagne il silenzio e la solitudine;
                    ma più dolci, per via del mare. E un senso dell’immensità meno
                    selvaggio, più disteso, più calmo. Più ordinato,
                    anche composto, come per un’arte della natura. (p.
                    20) 
                Collegamenti 
                   http://www.italialibri.net 
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