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Fondo librario "Soggettività femminile"
Teca delle nuove accessioni 2007

torna a teca 2007

Vittoria Vittoria, Napoli New York 2000-1900, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2006

Questo libro nasce dal fortuito ritrovamento di un pacchetto di lettere che due giovani – nonni dell’autrice – si scambiarono all’inizio del secolo passato. Angelina, giovanissima ischitana, si trovava a Napoli per un soggiorno presso parenti. Umberto, restauratore di dipinti presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli, vide Angela per strada e se ne innamorò follemente, tanto da seguirla e scriverle le lettere d’amore ritrovate dalla nipote circa un secolo dopo. La copia delle lettere è stata utilizzata dall’autrice per stabilire un legame con la figlia Paola, biologa presso il Memorial Hospital di New York. Un legame capace di superare l’oceano, i fusi orari, l’intreccio della quotidianità: un modo per farle sentire, attraverso la storia familiare, la reciproca appartenenza. Il libro si sviluppa su tre piani: le lettere sono diventate “attachment” di messaggi di posta elettronica scambiati tra Napoli e New York e nel libro si intersecano con le riflessioni per e-mail, e con il racconto di una voce narrante che rievoca e rielabora le vicende dell’inizio del secolo. È una finestra sulla sensibilità femminile e sulla condizione della donna del secolo passato e un confronto tra quattro generazioni di donne.

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Vittoria Vittoria è nata a Napoli, dove si è laureata in chimica e dove ha lavorato come ricercatrice presso il laboratorio di ricerca del CNR sulla Scienza e Tecnologia dei Materiali Polimerici. Attualmente è Professore Ordinario di Fondamenti Chimici delle Tecnologie presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Salerno. Svolge attività di ricerca nel campo delle nanotecnologie per l’ottenimento di materiali avanzati per alte prestazioni.

(dalla quarta di copertina)

Da: Vittoria Vittoria

A: Paola de Candia

Data Invio: domenica 7 maggio 2000

Oggetto: emozioni

Paola, fin da quando sei partita per New York – e nella mia mente sono apparsi due immensi anni senza la tua inquieta presenza – avevo intenzione di andare da zia Angela per guardare quelle famose carte sbucate dall’armadio del nonno Umberto. In realtà lei me ne aveva parlato tanto tempo fa, in modo fuggevole, dicendomi che, dopo la morte del nonno e di zia Paola, che le aveva gelosamente custodite, l’ultima zia rimasta viva – Lucia – le aveva ritrovate e, senza nemmeno sapere cosa fossero, voleva buttarle. Ma lei, dopo averla aiutata a metterle nei sacchetti della spazzatura e a depositarle davanti alla porta perché fossero rimosse, era tornata a casa con un senso di rimorso e di inquietudine. E allora, prima che il sacchetto fosse raccolto e buttato definitivamente nel contenitore esterno – dove le carte sarebbero state inghiottite per sempre – era corsa a riprenderle e le aveva portate via con sé. […] Io non ci avevo prestato molta attenzione, anche se la cosa un po’ mi incuriosiva. Tuttavia mentalmente le avevo liquidate, classificandole come poche carte inutili: biglietti, messaggi volanti, cartoline, qualche lettera. Di chi poi? Mah! […] Comunque la cosa non mi appassionava […]. Invece, il vuoto lasciato dalla tua partenza, il desiderio di annodare i fili, catenelle di parole e di emozioni, che ci tenessero unite malgrado la lontananza, il tuo entusiasmo ad ascoltare le storielle dei bisnonni […] che avevo cominciato a scriverti, mi hanno spinta a cercare quelle carte, nella speranza di trovare qualcosa di interessante per stabilire con te un dialogo nel tempo spazio … un legame capace di superare le montagne, l’oceano, i fusi orari, l’intreccio della quotidianità.
Così, […] una sera sono andata a casa di zia Angela […]. Lei si è arrampicata su una sedia traballante e ha tirato dal tetto dell’armadio un enorme scatolone […]. L’abbiamo aperto con curiosità e ci siamo accorte che dentro erano ammassate – insieme a telegrammi, cartoline, biglietti da visita dello studio di restauro – decine e decine di piccole buste contenenti foglietti ripiegati, riempiti con calligrafie diverse, minuta e regolare l’una, un po’ inclinata e svolazzante l’altra… lettere… lettere… lettere […]. Davanti ai nostri occhi increduli, come nella nebbia di una leggenda ascoltata tante volte da essere divenuta irreale, è emersa tutta la storia dell’amore tra il nonno Umberto e la nonna Angela. […] La storia del nonno e della nonna! Ascoltata tante volte, quando ero bambina, e da tante voci! Raccontata e udita sempre con l’angoscia per la sua tragica fine! Tu che ne pensi? Ti farebbe piacere se quelle lettere le leggessimo insieme? (p. 7-9)

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