|   Edith 
                  Stein: Mistica e Martire, a cura di L. Borriello, Città 
                  del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1992 
                 
                  Che senso ha parlare di martirio oggi? Indubbiamente, esso rappresenta 
                  una realtà attuale e concreta, che individualmente o collettivamente 
                  testimonia il nucleo centrale della fede cristiana: Dio ci salva 
                  per mezzo del suo Figlio nella pienezza dello Spirito. Il martirio 
                  è “affare dei nostri giorni”. 
                  Martire dei 
                  nostri giorni, vissuta nelle difficoltà procurate dalle ultime 
                  due guerre, Edith Stein ha lasciato un solco profondo nel cuore 
                  dell'umanità vivendo nel silenzio la propria vita. La giovane 
                  carmelitana, contrassegnata dal numero 44074 nel reparto femminile 
                  di Auschwitz, ha saputo mostrare al mondo incredulo che si può 
                  ancora amare Cristo sopra ogni cosa e che si può sorridere alla 
                  vita vera anche in un terribile campo di concentramento. 
                  Il “caso Stein” rivela 
                  ancora oggi, a distanza di cinquant'anni dalla morte della giovane 
                  carmelitana, al mondo intero che è sempre possibile l'amore 
                  a Dio, come qualcosa di meraviglioso e di straordinario, perché 
                  è donazione di sé agli altri. 
                 
                  (quarta di copertina) 
                  
                L’opera 
                  contiene: Introduzione di P. Redento Maria Valabek; scritti 
                  su Edith Stein di: G. Mattai, S. Cavallotto, L. Borriello, C. 
                  Betinelli, A. Lobato, G. della Croce, A. Eszer; Bibliografia 
                  generale a cura di Edmondo Caruana. 
                 
                  La donna, chi è? 
                  Lungo i secoli varie e differenti, spesso banali, talvolta assurde 
                  sono state le risposte alla domanda. Date a seconda della Weltanschauung 
                  di chi le ha formulate. Edith Stein ne ha offerta una alla donna 
                  e all'uomo degli anni trenta del nostro secolo. Rileva Angela 
                  Ales Bello nella prefazione alla II edizione italiana del volume 
                  della Stein, La donna: “L'esigenza filosofica che la 
                  spinge ad impostare le questioni nella loro radicalità e globalità, 
                  si manifesta anche rispetto a questa indagine particolare: ella 
                  ritiene necessario esaminare sia la natura maschile che quella 
                  femminile per cogliere caratteristiche specifiche ma anche la 
                  loro complementarietà.[….Perché convinta] che nessuna soluzione 
                  al problema della donna può essere ottenuta se non si ripensa 
                  e si stabilisce anche il ruolo dell'uomo”... (da: Il concetto 
                  di donna in Edith Stein di Carla Bettinelli, p. 117)  
                 
                  Edith Stein è oggi conosciuta in tutto il mondo come un'intelligenza 
                  di elevate qualità espressive ed evolutive. I suoi scritti, 
                  e non solo quelli filosofici e pedagogici, rivelano in lei la 
                  preoccupazione di arrivare alla verità, di studiarla con chiarezza 
                  nell'essenzialità, di scoprire nuovi orizzonti, ma anche l'impegno 
                  serio di sottoporre tutto a esame critico. Ma in lei è ancora 
                  viva una forte emotività, una ricca carica di sentimenti che, 
                  da una parte, creano dei momenti di acuta sofferenza, mentre 
                  dall'altra la conducono verso l'interiorizzazione di tutta la 
                  sua vita, e precisamente su un cammino segnato dall'idea dominante 
                  della croce.  
                In 
                  Edith Stein la croce, considerata nell'aspetto simbolico di 
                  continua sofferenza, portata avanti con forza e fede, si trasforma, 
                  attraverso l'intimo contatto con colui che sul legno della croce 
                  ha compiuto l'opera della salvezza, in mezzo per superare la 
                  stessa sofferenza e accende in lei un immenso desiderio di inabissarsi 
                  nel suo mistero. Ogni incontro con la croce diventa in lei un'esperienza 
                  sempre più profonda della sofferenza come dimensione mistica 
                  della sua vita. Nel suo ultimo biglietto, scritto alla sua madre 
                  priora poco prima della deportazione ad Auschwitz-Birkenau, 
                  scrive: “Ave crux, Spes unica. La scienza della croce non si 
                  comprende se non quando la si sperimenta in sé”. Poche parole 
                  che formano la sintesi di una “scienza crucis” vissuta…(da: 
                  La mistica della croce di Giovanna della Croce, p. 171) 
                   
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