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             Donne
                 in nero, Con la forza della non violenza. Voci di donne curde
                  e turche, Roma, Promograph Communication, 2002 
                   
                
            Le 
              Donne in nero nascono nel gennaio 1988 in una piazza di Gerusalemme 
              ovest, dall’incontro di sette donne israeliane. Manifestano in silenzio 
              per un’ora ogni venerdì con cartelli a forma di mano che dicono 
              “STOP THE OCCUPATION”. La mano delle Din, come simbolo nella speranza 
              di poter fermare tutte le guerre, nasce dalla leggenda di Fatima, 
              figlia di Maometto, che fermava gli eserciti opponendo la mano davanti 
              ai loro sguardi. La mano di Fatima, utilizzata dalla cultura ebraica 
              e palestinese, rappresenta il ponte che unisce realtà divise ma 
              frutto di una stessa radice. Oggi le donne in nero sono presenti 
              in molte parti nel mondo, collegate tra loro dalla rete internazionale 
              delle donne contro la guerra. Il modo di esserci è sempre lo stesso 
              nel tempo: il nostro silenzio non è rassegnazione ed impotenza, 
              ma protesta e riflessione, è un urlo al di là del suono; il nero 
              è la somma di tutti i colori, la sua intensità aiuta i nostri corpi 
              ad esprimersi. 
              Le 
              Donne in nero hanno la modalità di tessere la rete della solidarietà 
              e della diplomazia dal basso, di sostenere le donne che vivono nei 
              luoghi difficili entrando in relazione con loro e creando ponti 
              di solidarietà e sorellanza attiva. 
              Ogni 
              conflitto minaccia ed impone confini. Lavorare per incontrarsi sulle 
              linee che segnano i confini per costruire percorsi di riconoscimento 
              dei diritti negati, per promuovere una diplomazia dal basso e una 
              politica internazionale delle donne, è la ricerca, l’agire, il fare 
              delle Donne in nero. La pratica dell’interposizione non violenta 
              nei luoghi di conflitto e nel confronto culturale, sociale e politico, 
              traduce con la parola e con il gesto la portata politica del significato 
              di: “FUORI LA GUERRA DALLA STORIA”. 
              Luisa 
              Morgantini, presente nel movimento dal 1988, chiarisce in maniera 
              esplicita l’essere e l’agire delle Donne in nero: “Il nostro 
              pensiero è legato al rifiuto della violenza di ogni nazionalismo, 
              militarismo. Contro quella cultura e quel linguaggio bellicista 
              presente nella vita di tutti/e noi, pacifisti/e e non, la volontà 
              di cercare di capire le ragioni degli uni e degli altri pur assumendo 
              una ferma e chiara posizione contro le guerre e contro ogni politica 
              di dominio, di sopraffazione e di ingiustizia sociale ed economica”. 
              In 
              Italia esistono circa venti gruppi di Donne in nero, in relazione 
              e sostenendo progetti e campagne, con le donne palestinesi, israeliane, 
              dei Balcani, afghane, pakistane, curde, turche.  
                (quarta 
                  di copertina)  
                
                  
                
             Questa 
              pubblicazione, oltre che diario di viaggio, raccoglie informazioni 
              e traduzioni di materiali riportati dagli incontri, ma anche testimonianze 
              della difficile esistenza che conducono due popoli oltre il muro 
              di gomma creato dallo stato turco e rafforzato dall’indifferenza 
              della Comunità Europea. È il punto di vista delle donne curde e 
              turche incontrate, colto, elaborato e riportato da noi, donne italiane 
              e segna l’inizio di una relazione importante. Come si vive in un 
              paese in procinto di entrare a far parte della Comunità Europea? 
              Ci piacerebbe credere che alcune delle storie che racconteremo non 
              faranno mai parte di una storia europea …. (da: Premessa, 
              p. 5) 
                Collegamenti 
                    
                  http://www.ecn.org 
                    
                  http://www.hawca.org 
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