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Sulla tela e oltre”. Dipinti su tela e cornice di Patrizia Balzerano, catalogo della mostra, Napoli, Chiostro S. Maria la Nova – novembre 2002 – Napoli, Kóine, 2002

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Nella terza delle quattro settimane del Salterio, la raccolta di Salmi che – insieme all’Ordinario, agli Inni, alle Lodi e ai Vespri – forma la Liturgia delle Ore, c’è anche una preghiera per gli Artisti: “Fa, oh Signore, che le loro opere portini all’umanità un messaggio di pace e di speranza”. È scritta nel Breviario, non c’è prete che non la legga, quando arriva il suo tempo. L’Arte in genere, se tale è, di quel messaggio si fa carico comunque, malgrado le apparenze, come per eccesso può accadere nell’apoteosi di martiri sanguinanti di certa pittura da chiesa; o per difetto, nel gelo figurativo di quella corrente cosiddetta “negativa” che tanta traccia ha lasciato nel Novecento anche italiano. E gli esempi potrebbero continuare a lungo, il cammino dell’espressione non finisce mai. Ma è anche vero che in ogni tempo ci si può imbattere in qualche artista che faccia eccezione e che risponda direttamente all’invito, senza mediazione alcuna: è il caso di Patrizia Balzerano, che nei contenuti e nei modi di una solare pittura, capace di trasmettere con immediatezza assoluta la gioia di vivere, che è quel senso inconscio di pace e di speranza che meglio glorifica il Signore, o la vita stessa. I suoi scenari non sono mai vuoti, ma brulicano in letizia di immagini in movimento, oppure che appaiono tale, vivendo in una unità trasfigurata che supera il minimalismo descrittivo, in cui rifiutano di scomporsi, anche all’analisi più meticolosa. Letizia riflessa dalla molteplicità e vivezza del colore, che appartiene alla unità del linguaggio e s’intinge nella stessa etica.
Ed ecco che si delinea l’analogia musicale che, per sola divagazione professionale, mi diverto a cercare nelle cose dell’Arte figurativa: la pittura di Patrizia mi richiama alla mente certa musica dello Strawinskij dei Ballet Russes, le architetture luccicanti di suono della Sagra della primavera, o meglio quelle del Pulcinella, che la derivazione pergolesiana avvicina meglio e di più all’universo poetico napoletano. Quello cui quest’artista felicemente appartiene. (da: Presentazione di Francesco Canessa).

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