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Luz Argentina Chiriboga, Il venerdì sera, traduzione e postfazione Sara Pacifici, prefazione e cura di Rosa Maria Grillo, Salerno-Milano, Oèdipus ed., 2004

Senza dubbio, Luz Argentina Chiriboga si identifica nel gruppo delle “Afro-Latine”, secondo una brillante definizione di Miriam De Costa Willis (“Afra-Hispanic writers and feminist discorse”, 1993), cioè quelle scrittrici che includono il discorso femminista di origine europea e nordamericana nel contesto della rivendicazione etnica africana in Americalatina: emarginazioni vecchie e nuove di genere sessuale, etnico, economico, geografico. Per questo la loro letteratura è esplosiva e coinvolgente, perché non può lasciar fuori nessuno di questi elementi che determinano la loro identità e, perché no, la loro lotta, che è sempre lotta di emancipazione ma anche di conservazione di una tradizione che il progresso ‘maschile’ e ‘bianco’ tende a cancellare. Anche Susana, la protagonista di Il venerdì sera, parte come perdente in tutte e tre le relazioni che definiscono una società meticcia come quella ecuadoriana e, più in generale, latinoamericana: razza, classe e genere. Ma il suo corpo sinuoso, la voce espressiva e una intelligenza vivace, e il continuo contatto, sin da bambina, con l’‘altro’ impersonato dalla famiglia Mann, bianca e altolocata, le permettono di accarezzare il sogno di abbattere ogni barriera, non come progetto razionale o politico, ma come prosecuzione naturale di una esperienza infantile – il paradiso perduto – che l’aveva vista giocare alla pari con i suoi coetanei Mann. Ma in età adulta, tutto cambia, si ristabiliscono le distanze, i ruoli, i meriti e le colpe, secondo codici mai scritti ma così consolidati da apparire ‘naturali’ persino a chi li subisce (come ripeteva la nonna, “il peccato era un’invenzione dei padroni, loro l’avevano creato per dominare con facilità gli schiavi”).

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Luz Argentina Chiriboga è nata ad Esmeraldas (Ecuador). Laureata in Biologia presso l’Universidad central di Quito, ha trattato, in saggi e conferenze, temi femministi, etnoantropologici ed ecologici. Ha pubblicato romanzi – Bajo la piel de los tambores, 1991 (Tambores bajo mi piel, 1999); En las noches de viernes, 1997; Jonatás y Manuela, 1998 – e raccolte poetiche: La contraportada del deseo, 1992; Palenque: décimas, 1999.

Sara Pacifici ha conseguito il diploma di master e il dottorato in lingue e letterature ispaniche e ispanoamericane presso la State University of Tennessee a Knoxville, dove ha vissuto ed insegnato per nove anni. Ha pubblicato saggi critici sulla letteratura femminile contemporanea, principalmente messicana ed afroecuatoriana, ed ha partecipato a diversi congressi sia negli Stati Uniti che in Italia.

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Mi piaceva ballare La Momposina, la salsa, il meneíto, il merengue e la cumbia, ballando costruivo dei ponti che mi trasportavano verso gioie, geografie e lingue lontane. Confesso un’altra cosa, mi piace fischiare quando faccio pipì, altra cosa che mi fa sentire libera. Confesso di aver fatto sogni erotici nelle notti di luna piena, e di venerdì, che per me aveva il sapore del sabato, giorno in cui i miei genitori rimanevano a letto a scambiarsi effusioni, mi domandavo perché mia madre stesse ridacchiando a lungo e a singhiozzo. Allora io sognavo di avere uomini alti, uomini dotati, uomini machos, con la fantasia li portavo a letto perché facessero ridere anche me. Confesso di non aver confessato questo peccato d’amore senza sesso, amore di sorrisi, amori di desiderio. Confesso che mi piacciono molto i fiori, soprattutto le ilusiones, gli alberi, l’erba, fare il bagno nuda nel fiume e in terrazza perché questo mi ricorda le origini agresti dei miei genitori. Confesso che mi piacciono il formaggio fresco con banane verdi al forno e l’acqua di limoncina con panela.

(seconda, terza e quarta di copertina)

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Collegamenti

www.amerindiano.org
http://esmeraldas.splinder.com


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