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Renée Ferrer, I nodi del silenzio, traduzione e postfazione di Maria Gabriella Dionisi, introduzione di Rosa Maria Grillo, Salerno-Milano, Oèdipus, 2005

Tutti i nodi vengono al pettine in un locale a luci rosse di Parigi, luogo claustrofobico dolorosamente squallido dove si trovano a condividere lo stesso angusto spazio e il breve tempo di uno spettacolo tre vite con esperienze assai eterogenee: Manuel e Malena, una coppia di giovani paraguayani in viaggio di piacere, e Mei Li, ballerina cinese protagonista dello spettacolo. Di fronte all’inusuale esibizione, lesbo e non etero come si aspettavano, gli atteggiamenti e le reazioni dei due paraguayani attirano l’intensa curiosità della ballerina: da qui si diparte tra i tre un gioco a distanza, ambiguo quanto pericoloso, che li porterà a tentare di rompere quei ‘nodi del silenzio’ che da troppo tempo attanagliano le loro vite in ruoli divenuti ormai nodi scorsoi, capestri che asfissiano, che uccidono. È questo tentativo, questo corpo a corpo ognuno con i propri demoni, che ci narra Renée Ferrer in un romanzo muto (tranne un rapido dialogo iniziale, nella stanza d’albergo) in cui si muovono al ritmo di un sax complice e pervasivo, con movenze convulse e pause significative, i pensieri - i ricordi, gli incubi, i desideri repressi, le ambizioni - di questo insolito terzetto: Malena, che col matrimonio ha accettato convenzioni e repressioni, rinunciando a un possibile futuro di pianista per adeguarsi al modello di moglie gradito alla società paraguayana della lunga dittatura di Stroessner (1954-1989); Manuel, che con una rapida carriera in politica, a forza di compromessi e cedimenti, ha cercato di riscattare una infanzia infelice e violenta; Mei Li, approdata ai margini del Primo Mondo con la sua storia di povertà e sopraffazione. In questo dialogo muto (l’unica voce è quella del sax), in questa contrapposizione di storie e di emozioni, si instaura ben presto un rapporto privilegiato tra le due donne […]
I dati relativi al Paraguay della dittatura sono incredibili: analfabetismo totale vicino al 60% che ha consentito la definizione di ‘paese agrafo’ (anche per la tradizione esclusivamente orale del guaraní, lingua ufficiale insieme allo spagnolo), il disprezzo e/o il disinteresse governativo per la cultura, considerata inutile e, anzi, pericolosa (la prima Università è del 1889, e del 1946 la prima Facoltà umanistica), l’alto costo del prodotto editoriale in rapporto al potere d’acquisto della popolazione colta (che non coincide in assoluto con la popolazione agiata), tirature medie di 500 esemplari su una popolazione di 5.500.000 di cui la metà parla solo guaraní. Questa situazione era la conseguenza di un isolamento autarchico che ha segnato profondamente sin dal suo nascere la vita della repubblica paraguayana, senza sbocchi al mare e circondata da vicini potenti e aggressivi: si parla comunemente di “isola senza mare”, secondo la metafora di Juan Bautista Rivarola Matto, con la variante di “isola circondata da terra” di Augusto Roa Bastos a cui si aggiunge il richiamo al “destino mediterraneo” che allude non agli spazi infiniti del mare o a istinti libertari, ma viceversa proprio alla ‘chiusura’ e alle dimensioni circoscritte del ‘mare nostrum’ in opposizione alle illimitate geografie americane.
Come riconosce Renée Ferrer, “dittature, guerre e isolamento sono i termini di una equazione per nulla propizia all’intercambio di idee, dove la voce della donna non si è fatta ascoltare con forza se non nelle ultime decadi del XX secolo”. Infatti in queste decadi la letteratura è balzata in primo piano per una serie di coincidenze e circostanze: quell’incontro di cui si parlava prima, iniziato già negli ultimi anni del regime di Stroessner, la portata politica che poteva avere un testo letterario e la sua maggiore libertà di movimento rispetto alla saggistica e al giornalismo, la fine dell’isolamento grazie anche alla creazione del Mercosur, i rinnovati contatti con l’Argentina già liberata dalla dittatura della ‘decade infame’, da sempre vivace centro culturale ed editoriale aperto ai contributi dei vicini del nord.
Isola dentro l’isola, la condizione femminile, così come la sua scrittura, è assediata dal machismo imperante. Se la poesia aveva trovato qualche scorciatoia e qualche spazio editoriale (del ‘34 è il primo libro di poesia pubblicato da Josefina Pla); per la narrativa, più ‘pericolosa’ perché più esplicita, più ‘maschile’ perché più legata al mondo esterno interdetto alle donne, il cammino era stato molto più impervio: quasi inesistente fino agli inizi del XX secolo, solo nelle ultime decadi la narrativa si è arricchita di una notevole produzione femminile grazie precisamente alla presenza di Josefina, che ha pubblicato nel 1963 i racconti La mano en la tierra inaugurando un realismo critico totalmente differente dal descrittivismo bozzettistico allora in voga. Bisogna aspettare comunque il movimento editoriale degli anni ‘80, nato come resistenza e sfida alla dittatura, per assistere al riannodarsi delle pubblicazioni narrative di Josefina (El espejo y el canasto, 1981, La pierna de Severina, 1983, Muralla robada, 1989) all’interno di quello che abbiamo definito il boom della letteratura paraguayana, in cui un ruolo decisivo lo hanno avuto scrittrici come Neida de Mendonça (1933) con Golpe de luz (1983), Raquel Saguier (1940) con La niňa que perdí en el circo (1987), Sara Karlik (1935) con La oscuridad de afuera e Entre ánimas y sueňos (1987), Lucy Mendonça de Spinzi (1932) con Tierra mansa y otros cuentos (1987), Yula Riquelme de Molinas (1941) con Puerta (1994). Potrebbe continuare ancora a lungo questa elencazione che ha solo il senso di fornire alcuni dati del fenomeno di questa ‘nascita’ femminile, tanto più eclatante in quanto si inserisce in un vuoto di secoli.
In questo clima Renée Ferrer approda alla narrativa, per la necessità, confessa, “di abbordare la realtà con un linguaggio più esplicito di quello poetico”. Già nota come poetessa sin dal 1965 (Hay surcos que no se llenan ), pubblica nel 1986 La Seca y otros cuentos e nel 1988 Los nudos del silencio (ma su questi 20 anni pesa un lungo silenzio, dovuto alle vicissitudini della sua vita privata e alle oggettive difficoltà editoriali): Stroessner era ancora al potere ma, ricorda Renée, malgrado riferimenti espliciti alla tortura, il romanzo non ebbe problemi con la censura perché lei non era “una persona segnalata come combattiva ne affiliata a nessun partito d’opposizione e, poiché l'entourage di Stroessner non leggeva letteratura per diletto, non se ne accorsero nemmeno, e il libro passò inosservato”. Rimane l’orgoglio per aver pubblicato un testo di denuncia prima della caduta, un testo importantissimo se contestualizzato ma che conserva grande valore anche a distanza di tempo e di contesto. (da: Introduzione di Rosa Maria Grillo, pp. 7 – 11)

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Renée Ferrer, promotrice culturale e autrice di oltre trenta libri di poesia, racconti, romanzi, saggi storici e letterari, è nata ad Asunción, in Paraguay.
Los nudos del silenzio fu pubblicato in semiclandestinità nel 1988, pochi mesi prima della caduta del dittatore Stroessner, giusto in tempo per poter essere presentato al “Encuentro de Poetas del Mundo Latino” in Messico.
A partire dalla seconda edizione, nel 1992, ha avuto un notevole successo e quattro ristampe. Del 1999 è il suo secondo romanzo, Vagos sin Tierra, ambientato al tempo della colonizzazione del Paraguay.
Maria Gabriella Dionisi è docente di Lingue e letterature ispano-americane presso l’Università della Tuscia di Viterbo. Da anni si occupa di letteratura paraguayana ed ha curato e tradotto l’antologia di racconti Il Paraguay. La storia, il territorio, la gente (Roma, Pellicani ed. 2001)

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