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Notizie storico-artistiche

Lo scalone d'ingresso della Biblioteca Nazionale di Napoli

Cenni storici

La fondazione della Biblioteca Nazionale di Napoli risale agli ultimi decenni del XVIII secolo, quando - in applicazione di un regio decreto - si cominciarono a collocare nel Palazzo degli Studi, oggi sede del Museo Archeologico, le raccolte librarie fino a quel momento conservate nella Reggia di Capodimonte. Tra queste la famosa libreria farnesiana che Carlo di Borbone, figlio ed erede di Elisabetta Farnese, aveva fatto trasportare nella nostra città nel 1734.
Il trasferimento nella nuova sede era stato avviato nel 1784 e solo dopo molti anni, dedicati
alla sistemazione ed alla catalogazione del ricco materiale librario che si era andato man mano sempre più accrescendo sia con i fondi provenienti dalla soppressione degli ordini religiosi sia con l'acquisizione di biblioteche di privati, fu possibile aprirla ufficialmente al pubblico il 13 gennaio 1804 sotto il regno di Ferdinando IV di Borbone. La Biblioteca assunse allora il nome di Reale Biblioteca di Napoli, nel 1816 l'Istituto divenne poi Reale Biblioteca Borbonica e nel 1860, con decreto n. 130 del 17 ottobre, fu dichiarata Biblioteca Nazionale. Dopo l'unità d'Italia fu ulteriormente arricchita con i fondi provenienti dalla seconda soppressione degli ordini religiosi e con importanti doni e lasciti tra cui ricordiamo il legato Ranieri e la biblioteca teatrale Lucchesi Palli. Nel 1910 fu annessa alla Biblioteca l'Officina dei Papiri Ercolanesi istituita da Carlo di Borbone al fine di custodire e svolgere i papiri provenienti dagli scavi di Ercolano del 1752-1754.
L'originaria sede del Palazzo degli Studi era divenuta nel frattempo inadeguata alle dimensioni ed alle necessità di una Biblioteca che tanto si era accresciuta nel tempo. Iniziò così il dibattito sulla scelta dell'edificio da destinare a tale uso; dibattito protrattosi fino al 1922 quando, grazie soprattutto all'interessamento di Benedetto Croce, ne fu deliberato il trasferimento a Palazzo Reale in piazza del Plebiscito. In quegli anni furono annesse alla Nazionale la Biblioteca del Museo di San Martino, la Brancacciana, la Provinciale, la San Giacomo e, in seguito al trattato di Saínt Germain ed alla convenzione artistica di Vienna, fecero ritorno a Napoli i preziosissimi manoscritti che nel 1718 Carlo VI d'Asburgo aveva forzatamente fatto trasferire a Vienna e che comunemente sono chiamati "ex viennesi". Le vicende storiche dell'ultima guerra mondiale influenzarono notevolmente anche la tranquilla vita della Biblioteca compromettendo l'integrità sia delle strutture sia delle raccolte librarie. Tuttavia le energiche iniziative di tutela e di salvaguardia intraprese dalla allora direttrice Guerriera Guerrieri che trasferì i manoscritti, i libri più rari e preziosi nonché parte dei cataloghi in paesi più sicuri dell'entroterra, consentirono alla Biblioteca di superare quei difficili momenti. Nel 1945 si poté pertanto riaprirla al pubblico, grazie anche alla costante attenzione ed all'autorità di Benedetto Croce, nelle condizioni che tuttora la Biblioteca conserva.
Negli ultimi anni l'Istituto si è notevolmente arricchito di pregevoli collezioni private (basti ricordare fra tutte il fondo Doria o la raccolta Pontieri) nonché di tutta una serie di acquisizioni finalizzate alla documentazione ed alla valorizzazione della cultura meridionale in tutti i suoi vari aspetti. La Biblioteca ha subìto anche gravi danni a causa del terremoto del 23 novembre 1980, quando fu necessario sgombrare tutta l'ala verso il mare, seriamente lesionata, e trasferire in altre parti dell'edificio il materiale librario e le relative sezioni. Nel 1990 la Biblioteca ha aderito al Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN), progetto finalizzato alla realizzazione di una rete automatizzata di biblioteche, per lo scambio delle informazioni bibliografiche e per la circolazione dei documenti. Presso i suoi locali è istallato il Centro Elaborazione Dati cui sono già collegate molte biblioteche dell'area meridionale. Le attività culturali ospitate dalla Biblioteca, conferenze e mostre, hanno lo scopo di evidenziare sia la ricchezza dei fondi posseduti sia i proficui rapporti di collaborazione con i diversi istituti culturali della città.


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La struttura e l'arredo

La Biblioteca Nazionale occupa l'ala orientale di Palazzo Reale, che si identifica con gli ampliamenti settecenteschi, probabilmente di Ferdinando Fuga (1758 circa), della antica pianta quadrangolare, con prospetto a occidente sul Largo di Palazzo, di Domenico Fontana (1600). Adibiti ad Appartamenti dei Reali Principi, gli ambienti del "braccio nuovo" furono trasformati in Appartamento delle Feste dopo il 1837, quando, a seguito di un incendio, fu attuata una globale ristrutturazione dell'edificio da parte dell'architetto Gaetano Genovese, per volontà di Ferdinando II Borbone. Si accede alla Biblioteca dal giardino ottocentesco, creato dal celebre botanico Denhardt nell'area del Maneggio, e per un ingresso decorato a finto bugnato di stucco sottile, che avvia al gusto tardo neoclassico di cui è improntata la decorazione. Anche lo Scalone marmoreo della Biblioteca è con ogni probabilità di impianto settecentesco (il vano della scala compare in piante della fine del secolo), con balaustra a motivi di lance incrociate a una rosetta, e antichi lumi a olio su mensole (1840 c.); ai lati, due sculture di delicato gusto eclettico di Gennaro De Crescenzo raffiguranti Danzatrici.
La prima anticamera è ornata da pitture decorative monocrome attribuibili alla mano di Salvatore Giusti, ornamentista di valore, largamente attivo nella Sala delle Feste del Palazzo di Capodimonte e nello stesso Palazzo Reale. L'odierna Sala di distribuzione fa parte del gruppo di quattro ambienti che con il grande Salone da ballo - ora sala di lettura - costituivano propriamente i Saloni delle feste. Qui la decorazione è improntata dall'uso fittissimo di stucco a bassorilievo, bianco e oro, dei napoletani Gennaro Aveta, Costantino Beccalli e De Crescenzo prima citato; si distinguono per un florido gusto eclettico, ricco di variazioni, e predominante rispetto alla decorazione pittorica. Nella Sala di distribuzione gli ovati a tempera su intonaco di Camillo Guerra raffigurano Allegorie delle quattro età dell'uomo come quattro età dell'amore: "Primavera: Zefiro e Flora", "Estate: Galatea", "Autunno: Bacco e Arianna", "Inverno: Orizia e Borea"; documentate al 1852, rappresentano gli sviluppi illustrativi dell'estremo neoclassicismo napoletano, che in forme diverse era stato introdotto negli anni '80 del Settecento dai neoclassici tedeschi attivi a Napoli. La seconda anticamera, che affaccia sul cortile un tempo delle rimesse, è ornata da altorilievi in stucco che riproducono il fregio marmoreo dell'"Entrata trionfale di Alessandro a Babilonia" di B. Thorwaldsen al Quirinale napoleonico. Alla parete centrale, panoplie ad alto rilievo, simili alla decorazione dello Scalone principale di Palazzo Reale, che porta all'Appartamento Storico. Stucchi di gusto neoclassico ornano, all'altezza dell'imposta della volta e al centro della stessa, le successive sale, in particolare quella di Bibliografia, dai decorativi rosoni in corrispondenza - un tempo dei lampadari. Anche gli intagli a palme affrontate ad un rosone, in oro su fondo bianco, delle porte, rimandano al gusto neoclassico e al design elegante dell'architetto di corte.
Nelle sale dei piani superiori, dove erano gli Appartamenti ottocenteschi di abitazione, vi sono decorazioni in stile pompeiano di Salvatore Giusti nelle stanze della regina Maria Teresa e tempere neogotiche (Le storie di Carlo d'Angiò di Camillo Guerra) nello studio di Ferdinando II Borbone, ora "Sala d'Africa". Nel braccio nord orientale è allestita la Biblioteca Palatina, alla quale era collegato il Gabinetto scientifico del Re. Mobili da biblioteca di grande rilievo si conservano tuttora, in particolare il Leggio girevole di Giovanni Uldrich, della regina Maria Carolina d'Austria (1794) (un altro esemplare è esposto, in deposito dalla Biblioteca, nell'Appartamento Storico), e un tavolo da centro di legni intarsiati, ornato dalla rosa dei venti circondata di gigli borbonici, che individuiamo qui come "la tavola rotonda tutta lavorata di legno straniero ed ornata di bronzi dorati" (perduti nella II metà dell'Ottocento, inv. di Palazzo Reale 10137/1874) descritta dalle fonti, cori il piano superiore girevole, "affinché rimanendo la Regina nel suo sito medesimo, col sol girar questo piano potesse prendere qualunque libro", raffinato lavoro di ebanisteria databile ai primi anni '80 del Settecento.
La Sala di lettura al primo piano è allestita con gli armadi in noce e oro della "Sala della meridiana" nel Palazzo degli Studi, realizzati tra il 1737 e gli anni '60 del '700. Come cornice della vita culturale della Biblioteca si tramanda pertanto un notevole contesto di arte decorativa napoletana del Sette e Ottocento. (Annalisa Porzio)


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